-Email -Email   STAMPA-Stampa 

SULLA PASSIONE

A RIGUARDO DELLA PASSIONE NELLA FILOSOFIA

SULLA PASSIONE IN FILOSOFIA

«Non tocca a te portare a termine il compito, ma tu non hai neanche alcun diritto di ritirarti»

(Mishnah, R. Tarfon in Pinkei, Avot II, 21)

L’intendimento di questo testo non è un intedimento sistema.Questo testo ponequestioni trattatistiche ma semplicemente cerca una visione caleidoscopica di quelle che sono le dinamiche e le economie interne ad un rapporto tra un uomo e una donna, o più in generale, tra un Soggetto e un altro. Si cercherà di «entrare» nella relazione attraverso più porte che nel caso nostro sono rappresentate da parole chiave, da concetti, da lemmi che poi fungono da lente di focalizzazione per giungere al medesimo fine: quello di cercare di capire ciò che avviene nella pratica tra due persone che sono in rapporto tra di loro, e nello specifico tra due persone che vivono un amore reciproco.

L’incipit, che per noi funziona anche come parola d’ordine è che la nostra salute o malattia dell’anima (che poi significa della psiche e del corpo inteso come luogo del desiderio) sta tutta nel sano o malato funzionamento della relazione.

La parola «passione» è una parola che ha sempre vissuto ed è stata poi espulsa dall’interno di quelli che si possono chiamare linguaggi forti, o ambiti privilegiati, o discipline elette quali la filosofia, la medicina, la teologia e, per ultimo, la psichiatria.
br> Dal linguaggio corrente tale termine non è stato del tutto estromesso: passione per la libertà, passione per la verità, passione per la giustizia o per la pace sono espressioni di uso comune e noi non ci poniamo tanti problemi a dire che una discussione è stata appassionante, un incontro è stato appassionante, una situazione ci ha preso in modo appassionato.

Tuttavia affinché noi accediamo alla «esperienza» di questa parola è necessario che «sentiamo» dentro di noi qualcosa di condiviso e soprattutto condivisibile. La passione come esperienza deve possedere le caratteristiche della visibilità e della comunicabilità. Si dice «coltivare» una passione, ma non certo per godere solo noi dei frutti che essa va a produrre.

La passione nasce in effetti come una condizione dell’anima in modo monocentrico, intimo, privato, che a volte può sfociare anche nella ossessione o, peggio, nella mania (e per questo certi linguaggi forti quali quelli citati all’inizio la hanno per lungo tempo circoscritta nella psicopatologia).

Questi linguaggi parlavano di «individuo affetto da passione» (dai classici della filosofia greca, passando per Cartesio, Pascal e Spinoza, per arrivare allo Sturm und Drang): dunque la determinazione era chiara: la passività di fronte a una entità più forte di chi la sperimenta. Più forte al punto tale da pretenderne addirittura una «fedeltà».

Un passo fondamentale è stato compiuto dal pensiero moderno, ma potremmo anche dire dal pensiero che noi tutti pensiamo nel nostro tempo presente: la passione viene vista come una specie di cortocircuito di passività e di attività: luogo in cui ci si «lascia andare» nel senso di «consegnarci» in termini se si vuole anche di fedeltà e di fiducia, a qualche cosa che ci sovrasta e che è per noi irresistibile, ma che tuttavia non ci passivizza, non ci vede spettatori muti e attoniti di un evento interno del quale non ci si sente in parte protagonisti.

Alla passione si risponde come ad una Chiamata. Ma si risponde positivamente, si potrebbe dire, da positivisti, nel senso che essa diviene mobilitazione generale delle nostre energie.

Fino ad accorgerci poi che la passione non è assolutamente una astrazione, nel senso dei linguaggi eletti, e che la nostra vita non è popolata di «passioni» ma di «soggetti appassionati». Popolata di Io e Tu che ne costituiscono una pratica.

In effetti, solo quando le passioni si determinano, si individuano in un soggetto, nel vissuto intimo di un soggetto, esse acquistano il loro carattere determinante. Ossia diventano «passione per qualcuno». La passione individua la soggettività differenziale e nello stesso tempo le qualità personali di chi vive tale esperienza. La passione, per vivere, ha bisogno di un «chi» che la viva, ma soprattutto di un altro «chi» che gliela fa vivere: la relazione.

Il linguaggio corrente dunque, ma dunque la esperienza del soggetto moderno ha selezionato una connotazione positiva della parola «passione». Positiva ma anche eccezionale, nel senso che la si distingue da tutte le misture con altri affetti e sentimenti in cui la filosofia citata la aveva affossata (Odio, Tristezza, Collera, Ira, Gioia, Amicizia, tanto per citare Le Passioni dell’Anima di Cartesio), ma soprattutto nel senso che l’appassionarsi è diventata una «facoltà», una «capacità» del soggetto che in questa maniera si distingue dagli altri proprio a partire da questa peculiare «intimità»: l’essere un individuo appassionato.

Se l’oracolo di Apollo delfico indica: «Nulla di troppo», d’altra parte Hegel scrive: «Nulla di grande è stato compiuto nel mondo senza passione» (Enciclopedia delle Scienze Filosofiche).

Infatti il dibattito filosofico che si è tenuto attorno alle passioni nei primi secoli dell’età moderna, e che ovviamente è rimasto irrisolto, si declina sulla domanda in merito alla soddisfazione: se la passione debba essere «contenuta» o se la passione debba essere «liberata» per portare l’individuo alla soddisfazione. Senza che tale soddisfazione abbia a che fare con una pacificazione interna degli stessi effetti che la passione con sé comporta.

La elaborazione prima di questa azione, proprio perché essa diventi praticabile, parte dal riconoscimento della assoluta alterità dell’altro, della differenza tra Io e Tu. Si potrebbe così definire la dimensionalità della passione e anche la sua attuabilità: la unità con l’altro a partire dal distacco. La passione dell’uomo e del pensiero moderno è quella della «capacità» e «facoltà» ma soprattutto della «volontà» di separazione dall’altro, dal «chi» della nostra stessa passione. Separazione al fine della unione.

La passione è un Discorso. Dunque la passione non è un impulso irrazionale che muove da un corpo organicamente inteso e a cui si tratterebbe di dare una risposta: essa stessa è una risposta altamente organizzata che l’uomo cerca di mediare con l’altro all’interno di un discorso. Tale discorso non può che essere un discorso d’amore.

GUIDO SAVIO

-Email -Email   STAMPA-Stampa